
Il Parco Naturale dell’Aveto in Liguria nasconde uno dei più importanti giacimenti minerari d’Europa. Questo patrimonio abbandonato si può esplorare tra i versanti della Val Graveglia dove ancora oggi possiamo trovare i resti degli impianti che hanno scritto le pagine di questo territorio. Ci troviamo nella Miniera di Molinello, una storia curiosa, straordinaria e sconosciuta.
Percorrendo la Strada Provinciale 26 in località Piandifieno superiamo la deviazione per Nascio e qundi quella per Zerli. Dopo un paio di tornanti notiamo sulla destra degli intagli rossastri sulla roccia contornati dalla vegetazione. Incuriositi ci fermiamo sul comodo spiazzo a sinistra e percorriamo il sentiero non segnalato che inizia dalla parte opposta della strada.
L’ESCURSIONE
Il percorso è piuttosto breve ma ricchissimo di spunti storici da esplorare. Si sviluppa su un antico tracciato che collegava sia le diverse cave poste su livelli differenti, sia la strada carrabile. Subito passiamo sotto una conformazione rocciosa scavata che, alla luce del sole, riflette i suoi colori rossi dalle sfumature biancastre risaltando tutte le risorse di cui è composta. Camminando occorre fare attenzione alla linea ferrata ancora presente ai nostri piedi. È stata utilizzata fino al 1996 per il trasporto dei minerali sui carrelli che venivano chiamati “le balille”.
Più avanti incontriamo un piccolo gabbiotto probabilmente utilizzato come punto di raccolta delle attrezzature e al suo interno troviamo solo un’antica cassapanca e una foto distesa tra le macerie. Superata la struttura si nota tra la vegetazione un vecchio compressore che venne installato nel dopoguerra migliorando il lavoro e la sicurezza all’interno delle cave.
Sulla sinistra si nota l’ingresso aperto di una prima galleria sotterranea, il sentiero termina in salita nel foro di un’altra cava più elevata chiusa con una griglia. È piuttosto pericoloso addentrarsi in questo reticolato di cunicoli spesso allagati e viziati da cedimenti strutturali. Restiamo solo nei pressi dell’ingresso e in una giornata estiva notiamo subito la brusca escursione termica che provoca una forte condensa sulle pareti rosee. Inoltre, i collegamenti tra i vari livelli di gallerie, provoca correnti fredde testimoniando le dure condizioni dei minatori che trascorrevano gran parte delle giornate al loro interno.
LA MINIERA DI MOLINELLO
La miniera prende il nome da Mulinello, il piccolo affluente del Rio Novelli, chiamato anche Fosso di Cassagna. Da alcuni documenti si può presupporre che l’origine di questo nome derivi dal termine Mulin attribuito dai ricercatori francesi al rio che percorre la piccola valle.
L’area mineraria di Molinello è stata scoperta tra il 1876 e il 1877 dalle ricerche dell’ingegnere Augusto Fages sulla base dei permessi di ricerca che gli sono stati assegnati. I primi lavori si possono datare intorno al 1880 e iniziarono vicino alla sorgente del torrente Mulinello a 320 mt sul livello del mare sotto il borgo di Nascio. I primi scavi vengono effettuati a Nord-Est della parrocchia e ad Ovest del Colle di Cassagna, sulla sponda destra di un fossato profondo circa 80 mt. Gli abitanti del luogo infatti erano soliti affermare ”quando a Molinello sparano, si spengono le candele della Chiesa di Nascio”. Il trasporto dei minerali veniva effettuato dalla miniera a Conscenti con i muli e da Conscenti a Lavagna con i carri. Documenti del 1881 riportano il costo di questo trasporto a 20,75 lire per tonnellata.
Le innovazioni
I lavori più importanti furono condotti negli anni che precedono la seconda guerra mondiale ampliando la miniera a più di sette livelli di scavi. Successivamente l’attività venne sospesa in quanto i minatori furono concentrati nella sezione principale di Gambatesa. Le coltivazioni riprendono nel 1959, mentre nel 1964 avviarono gli scavi sotto la strada rotabile di fondovalle. Nel 1990 gli scavi arrivarono fin sotto l’alveo del Rio Novelli ma i continui allagamenti, le spese di canalizzazione dell’acqua e il deterioramento degli impianti portarono alla sospensione dei lavori nel 1996. Il cantiere è stato abbandonato definitivamente nel 1997.
Il componente minerario principale dell’intera area geologica è il manganese. Il mercato, specialmente dal 1900 in poi, richiedeva minerali contenenti quantità di manganese non superiori al 40%. L’estrazione a Molinello conteneva percentuali ridotte, mentre nella sezione di Gambatesa i livelli erano piuttosto elevati e si aggiravano anche intorno al 50%. La miniera di Molinello aveva quindi lo scopo di miscelare le estrazioni di Gambatesa per ottenere una corretta composizione finale.
Nel 1947 Molinello diventa un polo logistico, punto di raccolta dei minerali che provenivano anche dalle altre sezioni circostanti come Cassagna e Statale. A Piandifieno, già prima della seconda guerra mondiale, era presente un frantoio per il trattamento del materiale. Nel 1948 venne così adibito a nuove strutture per la direzione amministrativa e venne realizzato un laboratorio chimico dove si effettuavano studi sulle qualità e quantità di manganese. Fu realizzata anche una infermeria e altri uffici minori della società Ferromin che aveva in concessione l’area estrattiva.
I MINERALI DI MOLINELLO
Il Manganese è un metallo duro, fragile, di colore biancastro. In origine le sue proprietà erano sconosciute e veniva usato nella lavorazione del vetro e per dare colorazione alle porcellane. Però, nella prima metà dell’Ottocento, i francesi intuirono che l’alta qualità degli acciai tedeschi derivavano proprio da questo minerale. Da allora iniziò la ricerca, quindi l’attività estrattiva. Il Manganese aumenta l’elasticità del ferro e la resistenza degli acciai evolvendo la qualità produttiva del settore siderurgico dal 1850 in poi.
Nella miniera di Molinello negli anni Ottanta viene individuata l’Alabandite un raro solfuro dal colore verde mela e l’Argento in una vena di quarzo associata al Rame. Intorno al 1990 è avvenuto il primo ritrovamento di Szmikite in Italia, un raro solfato idrato di manganese presente in soli altri 13 luoghi nel mondo e su Marte. Mentre nel 2014 dopo complessi studi viene scoperta la Cortesognoite, un rarissimo cristallo bruno che deriva dal legno fossile. Il suo nome ha origine dal professore Luciano Cortesogno dell’Università di Genova che l’ha scoperto. Altre centinaia di scoperte sono state studiate nel corso dei decenni e ancora oggi il sito si presenta abbandonato e aperto ad eventuali ulteriori studi geologici volti ad arricchire la conoscenza della mineralogia a livello mondiale.
Una storia molto interessante e significativa
Grazie Giovanni per il commento, buona giornata