San Martino di Licciorno: da Prato Sopralacroce a Borzone

Un'escursione in Valle Sturla da Prato Sopralacroce alla scoperta della Chiesa di San Martino di Licciorno e della sua leggenda

Chiesa di San Martino di Liciorno

Siamo nel Parco Naturale dell’Aveto sull’antichissima via di comunicazione che collegava la costa ligure alla Pianura Padana. E’ stata costruita dalle prime tribù liguri e utilizzata successivamente in epoca romana e medioevale. L’itinerario che attraversa le valli di Sopralacroce e Borzone riserva agli escursionisti numerosi reperti storici ormai abbandonati alla natura. A circa 30 minuti di cammino da Sopralacroce emerge tra la fitta vegetazione del bosco un campanile ancora intatto nella sua struttura.

E’ tutto ciò che resta della Chiesa di San Martino di Licciorno. Il primo documento scritto è un atto notarile del 1298 nel quale viene incaricato il canonico di Lavagna di procedere alla elezione del rettore nelle vacanti chiese di Santa Maria de Supracruce e San Martino di Licciorno. Venne eletto così il rettore Guglielmo di Borzone. Devono ancora essere fatti studi approfonditi sull’epoca di prima fondazione; si possono solo avanzare alcune ipotesi: la tipologia planimetrica potrebbe essere medievale, infatti le dediche a San Martino di Tours risalgono in genere all’età Ambrosiana che va dal IV al V secolo o al periodo Longobardo tra il VI e il VIII secolo.

San Martino di Licciorno

La tradizione locale vuole San Martino di Licciorno come la prima parrocchiale del territorio; con certezza nel 1491 la chiesa era dipendente dalla nuova parrochiale di Prato Sopralacroce. L’altare di San Martino fu rifatto nel 1768 quando venne restaurata anche la torre con due campane nuove. Documenti del 1366 citano le frazioni di Villa de Axereti e Villa de Lizurno, quindi sicuramente la zona era abitata, anche se oggi, percorrendo il sentiero, non si notano resti di case nei suoi dintorni. La chiesa venne definitivamente abbandonata a metà dell’Ottocento.

LA LEGGENDA

Pare che, adiacente alla chiesa, ci fosse anche un piccolo cimitero, protagonista di una leggenda popolare dovuta, probabilmente, al mistero dei fuochi fatui: fiammelle di luce, visibili a volte nei cimiteri che, nell’antichità, si ritenevano la dimostrazione dell’esistenza dell’anima. La paura aggiungeva poi i suoni, le voci e produceva la superstizione: mai avvicinarsi a un cimitero dopo il tramonto! Ma una donna di Zolezzi volle dar prova del proprio coraggio per sfatare questa credenza: avrebbe passato l’intera notte nel cimitero di San Martino, da sola.

Fu così che, al crepuscolo, si recò al cimitero portandosi il fuso e la rocca per filare la lana e ingannare il tempo. Passò diverse ore lavorando finchè, ormai a notte fonda, il fuso le sfuggì di mano. La donna si alzò per cercarlo ma, all’improvviso, si sentì tirare la gonna verso terra. “Qualcuno” la stava tirando da una tomba! La poveretta non resse allo spavento. La mattina seguente, chi andò a verificare l’esito della sua sfida, ebbe un’amara sorpresa e la “conferma” di tutte le peggiori ipotesi, trovandola morta nel camposanto, con il fuso impigliato nella gonna, ben conficcato per terra, vicino a una tomba.

San Martino di Licciorno

INTERESSI STORICI

Percorrendo il sentiero da San Martino verso sud si prosegue nelle valli di Borzone. L’escursione è facile, di tipo Turistico. Seguendo il segnavia con due barre rosse si può raggiungere l’imponente volto megalitico (h 0:45), unico nel suo genere e l’antichissima Abbazia di Borzone (h 1:30). Una breve deviazione dal sentiero che unisce Zolezzi a S. Martino (h 0:25) permette di vedere un interessante tratto di beo che attraversa il rio su di un antico ponte in pietra: i beudi o bei sono una vasta rete di canali di adduzione delle acque che fanno parte di una grande opera di ingegneria idraulico-agraria; la tradizione vuole costruita dai monaci di Borzone.

44.44201269.4289788

1 Commento

Racconta la tua esperienza in questo luogoAnnulla risposta